Annali
ANNALE XVII – Luigi Squarzina. Il teatro e la storia

a cura di Elio Testoni
Carocci, Roma 2012
pp. 331, € 34,00 | 9788843066582

Queste pagine ricostruiscono il percorso esistenziale, culturale ed artistico di Squarzina nella molteplicità delle sue attività e nella pluridirezionalità dei suoi interessi letterari, drammaturgici, registici, universitari e saggistici, nutrite dalla costante esigenza di una integrazione profonda tra la riflessione critica e la creazione artistica, tra la storia, la teoria teatrale e la pratica di palcoscenico. Seguendo una periodizzazione che parte dal precoce impegno letterario dell’autore fino alla sua ultima commedia, viene presentato materiale inedito, come poesie, racconti e brani del diario americano, oltreché opere già edite ma di difficile reperibilità: note di regia o saggi che, pur riferiti a singole messinscena di autori classici (Ibsen, Shakespeare, Euripide, Goldoni, Brecht, Pirandello) in una lettura fortemente innovativa e attualizzante, documentano il lavoro di riflessione e di ricostruzione storica che accompagnano gli spettacoli, ovvero ripercorrono i modi e le forme in cui la moderna regia si è affermata in Italia, in Europa e negli Stati Uniti.

Indice

Introduzione di Elio Testoni

PARTE PRIMA
L’impegno letterario e la formazione professionale (1941-1951)
Le poesie
Liturgia al tramonto, A Iuna
I racconti
Zim, La venditrice
Il saggio
Attualità di Ibsen
Dal Diario americano
Constance, Incontro con i direttori dell’Howard University, dell’Arena
Stage e della Catholic University

PARTE SECONDA
L’eclettismo nelle messinscena e il corredo delle note di regia (1952-1961)
Note di regia della messinscena dell’Amleto

PARTE TERZA
Cultura, storia teatrale e palcoscenico nella lettura dei classici (1962-1976)
Il didatta e lo sciamano, Una delle ultime sere di Carnovale, Nascita, apogeo e crisi della regia come istanza totalizzante

PARTE QUARTA
La riflessione su Brecht e Pirandello e la ricerca storica (1976-1983)
Brecht e Weimar, Note su Terrore e miseria del Terzo Reich, La voce Regia per l’Enciclopedia Italiana Treccani, Perché dare Pirandello al fascismo? I molti teatri di Pirandello

PARTE QUINTA
Il ritorno alla libera professione e l’ultima drammaturgia
Siamo momentaneamente assenti
Indice dei nomi

·····························································
Introduzione
di Elio Testoni
Luigi Squarzina (1922-2010) è stato drammaturgo e regista di teatro di prosa e di teatro lirico, regista televisivo e radiofonico, autore di radiodrammi e di originali televisivi, di poesie e di racconti, di articoli e di saggi sul teatro, curatore di traduzioni e di adattamenti e docente universitario, direttore di strutture teatrali private e di stabili pubblici e libero professionista.
La molteplicità delle attività e la pluridirezionalità dei suoi interessi sono state alimentate dalla costante esigenza di una profonda integrazione tra la regia, la scrittura drammaturgica e lo studio, tra la riflessione critica e l’insegnamento sulle tematiche e sugli autori messi in scena, tra la storia e la teoria teatrale e la sua pratica di palcoscenico.
La felice combinazione di «competenze e attitudini malauguratamente divise negli altri studiosi o registi o scrittori o storici del teatro» fa di Squarzina «un caso unico ed eccezionale» nella storia del teatro nazionale.
La selezione degli scritti di Squarzina proposti nel volume ha pertanto seguito il criterio della periodizzazione che consente di definire le connotazioni fondamentali delle diverse fasi e delle diverse forme della molteplicità delle sue dimensioni intellettuali, di cui gli scritti sono espressione.
La prima fase, che va grosso modo dal 1941-42 al 1951-52, è connotata da un forte impegno letterario, dalla formazione professionale nell’Accademia d’arte drammatica, dal successivo apprendimento del mestiere sul campo, dalla prima scrittura drammaturgica e dall’“esperienza americana”.
E proprio il primitivo grande interesse letterario può essere considerato premessa non secondaria all’acquisita “dimensione culturale” della produzione del “regista professore”.
Il giovane Squarzina, tra i diciassette e ventun’anni, scrive poesie che sono già d’autore, musicali ed eleganti nel verso, espressioni di una maturità creativa e di una serietà di impegno confermate dalle sue riflessioni sulla poetica, sulla drammaturgia e sulla filosofia dei grandi autori e dalle sue specifiche considerazioni sulla poesia, corredate da esemplificazioni e confronti nell’ambito della storia della letteratura italiana, presenti negli appunti diaristici di quel periodo. Dunque il far poesia è un momento significativo della vita di Squarzina, perché gli consente di fissare in immagini poetiche le sue sensazioni, le sue emozioni, le sue riflessioni, non altrimenti esprimibili, nel clima di grande tragedia della Seconda guerra mondiale. E la poesia, per Squarzina, ha una sua dimensione autonoma, una sua costanza temporale, quattro-cinque anni, e protrae la sua risonanza nel tempo a venire. Nella messinscena di Detective story, nel 1951, egli fa recitare a Albertazzi i versi di Walt Whitman, da lui tradotti circa dieci anni prima; nel suo Tre quarti di luna, rappresentato nel 1953, i giovani protagonisti, Elisa e Mauro, recitano due poesie. Egli stesso ritorna, talvolta, a scrivere poesie negli anni Sessanta e perfino negli anni Novanta. Perciò nel volume sono proposte due delle trenta poesie, tutte inedite, che, oltre all’amore, toccano tematiche esistenziali e sociali, filoni che avrebbero poi connotato tutta la sua produzione. Le poesie scelte sono Liturgia al tramonto, scritta nel 1942, e A Iuna, composta nel 1943. La prima è una riflessione poetica sulla condizione umana, sulla precarietà e sull’ansia del vivere cui fa da contrappunto la placidità della natura nell’alternarsi delle stagioni, da cui il bisogno dell’uomo di serenità e di amore. La seconda è una poesia d’amore, di struggente nostalgia per un amore “remoto” che il tempo e la lontananza portano via senza cancellare; qui i paesaggi, le cose e i luoghi scorrono e si confondono con gli stati d’animo del poeta.
L’interesse per la poesia è integrato e seguito da quello per la narrativa, che per qualche anno si affianca all’impegno scolastico in Accademia e ai primi esercizi registici. D’altra parte la scrittura di racconti, come Squarzina stesso ha dichiarato, significava per lui sentirsi libero e poter contrapporre alla realtà della guerra e all’esperienza esterna, che i suoi amici Gassman e Salce stavano vivendo perché chiamati alle armi, una propria esperienza interiore che egli si convinceva a considerare equivalente. Per altro verso la scrittura di racconti, a volte solo come appunti, gli consentiva di verificare le sue possibilità di tradurre in una forma letteraria dignitosa il suo bagaglio culturale e il suo vissuto, così come le sue prime regie degli anni Quaranta gli permettevano di testare il suo apprendimento scolastico in Accademia e la sua sensibilità artistica. La fase letteraria si intrecciava significativamente con la successiva dimensione drammaturgica e registica.
Di questa complementarietà sono espressioni il racconto Zim, scritto tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945, e Quelli a cui importa, composto tra il 1946 e il 1947 e classificato al secondo posto al Premio Riccione per il Teatro 1947. Quest’ultimo lavoro, in cui ancora una volta Squarzina manifesta la sua predilezione per la poesia recitata da uno dei personaggi, segna la ormai acquisita coscienza politica, raccontando di uomini che, ideologicamente e politicamente confusi, progettano un velleitaristico generale rinnovamento spirituale che impone innanzi tutto l’assassinio dell’«uomo con gli occhiali». Straordinaria preveggenza di artista perché l’«uomo con gli occhiali» altri non era che Togliatti il quale, l’anno dopo, nel luglio 1948, fu vittima di un grave attentato. Quelli a cui importa già si coniuga con il teatro squarziniano: diventa infatti un radiodramma trasmesso il 26 ottobre 1960 dal Terzo Programma della rai con il titolo Vicino è difficile, diretto dall’autore.
Zim, invece, non è mai stato pubblicato finora e nel 1998 ha vinto il premio letterario Arcangela Todaro-Faranda per la narrativa inedita. Lo proponiamo in questo volume: è il primo racconto lungo di Squarzina e si apparenta al neorealismo, traendo ispirazione da un fatto tragico realmente accaduto che coinvolse lo stesso autore. C’è una grande attenzione per la dimensione sociale e politica sia nella struttura narrativa, che pone in primo piano personaggi socialmente ed economicamente emarginati in una Roma “città aperta”, sia nell’ambientazione – che presenta due squallide stanze, senza luce, senza mobili, con brande e materassi per terra e topi in circolazione –, sia ancora nella configurazione dei personaggi, fragili, impotenti, nevrotici, frustrati, del tutto privi di aspettative, tranne Mina, che si aspetta una vita migliore quando il suo compagno impegnato nella Resistenza ritornerà da lei.
Il protagonista Zim era nella realtà Zimmer Traldi, un amico di Squarzina che lavorava nel cinema. Una sera di luglio del 1944 morì cadendo da una finestra della casa in cui Squarzina, insieme con i suoi amici dell’Accademia, stava festeggiando il successo del suo saggio di regia Uomini e topi. Nella realtà la dinamica dell’evento non fu mai accertata, ma Squarzina, che rimase fortemente scosso, immagina che si fosse trattato di omicidio e che a uccidere Zimmer fosse stato un suo amico, anch’egli ospite alla festa, che a sua volta, nel racconto, viene ucciso allo stesso modo, buttato giù dalla finestra dalle amiche di Zim. La cruenta soluzione finale è l’acme di un crescendo narrativo condotto con un ritmo incalzante, almeno a partire dall’indagine dei tre amici, e con un linguaggio asciutto, essenziale.
Anche questo racconto ha agganci precisi con il teatro di Squarzina. A parte il quadro reale d’ispirazione – la festa per una messinscena teatrale –, la struttura compositiva di Zim presenta analogie con quella del primo lavoro teatrale di Squarzina rappresentato, Tre quarti di luna: in entrambi c’è un “protagonista occulto” – Zim nel racconto, Enrico nella commedia – e in entrambi a un certo punto scatta un meccanismo di indagine poliziesca a opera di amici o di congiunti del protagonista occulto.
I racconti brevi, invece, presentano un loro interesse per la vena di fantasia, la maturità narrativa e lo stile. Si va dall’incompleto Marco Riordi, che rievoca le esperienze forlivesi e quelle liceali a Roma in una forma letteraria elegante e garbata, a Clara, in cui sono descritti con sottile ironia gli stati d’animo di un giovane che, abbandonato dalla sua compagna, passa dalla disperazione all’indifferenza nel giro di dodici ore; da Il cercatore di targhe, anch’esso fortemente ironico, a La venditrice.
Quest’ultimo, inedito, è stato inserito nella raccolta di scritti presenti in questo volume. La venditrice è il più interessante dei racconti brevi squarziniani perché, scritto nel periodo delle sue esercitazioni registiche, esprime pienamente, in forma letteraria, il conflitto in atto tra la generazione dei giovani registi, di cui Squarzina fa parte, e gli attardati nelle vecchie consuetudini teatrali, tra coloro che si battono per il rinnovamento del teatro italiano e quelli che ne vogliono conservare il modello.
Tutto questo riflette l’incontro-scontro tra il giovane scrittore senza nome che vuole far pubblicare il suo racconto e l’anziano affermato scrittore Barzilai che lo respinge con pretestuose motivazioni. Ma nella Venditrice c’è anche un riferimento preciso all’amato Ibsen, di cui il giovane senza nome difende la poetica mentre Barzilai lo considera un drammaturgo superato; è questo un aggancio diretto e attuale con il teatro di Squarzina, che proprio in quel periodo del drammaturgo norvegese metteva in scena, con la compagnia Ricci, Un nemico del popolo al Carignano di Torino, il 16 novembre 1948, e Il costruttore Solness, al Teatro Nuovo di Milano il 21 gennaio 1949.
E proprio su Ibsen si sofferma il saggio di Squarzina, che qui ripubblichiamo, già edito da ultimo nel 1988 con il titolo Attualità di Ibsen nel volume Da Dioniso a Brecht. Il saggio ha una rilevanza particolare perché Ibsen, in un primo periodo, è stato fondamentale per la cultura teatrale e per la formazione professionale di Squarzina. Già nei suoi appunti giovanili dei primi anni Quaranta, ne lodava senza riserve la drammaturgia; successivamente, negli anni Cinquanta, nella redazione della voce Drammaturgia per l’Enciclopedia dello Spettacolo definiva Ibsen il più grande drammaturgo dell’Ottocento, e al norvegese sembra essersi ispirato per l’adozione di una metodologia analitica nella messinscena di Detective Story, nella costruzione della scena e nella struttura compositiva di La sua parte di storia e nella configurazione di alcuni aspetti del preside Piana in Tre quarti di luna […]